Una Zona, la Valpolicella, una storia che arriva dagli Antichi Romani che ne coniarono il nome “Valis polis cellae”, ovvero “la valle dalle molte cantine”. Molti secoli dopo la dinastia Scaligera emanerà l’editto nel 1300, dal quale si evince che i vini di tale territorio dovevano obbligatoriamente identificarsi da specifico emblema ceralaccato, per passare poi a Napoleone che segnò la caduta della Repubblica Serenissima e gettò le basi per l’unificazione territoriale, foriera nel 1872 alla creazione della Società Enologica veronese con le prime cooperative e cantine sociali principalmente ubicate a Sant’Ambrogio e Fumane. Si giunge così ai tempi più recenti, quando nel 1924 nasce il Consorzio per la tutela dei vini della Valpolicella, nel 1968 viene adottata la DOC e nel recentissimo 2010 il Reciotto e L’Amarone “conquistano” finalmente la meritata DOCG.
La Valpolicella si presenta idealmente come un ventaglio di vallate suddivise in tre zone principali, la Valpolicella Classica, la Valpantena e la Valpolicella Orientale. Una lunga storia per un Grande territorio, che solo “recentemente” è riuscito ad esternare la propria massima espressione con l’ultimo nato… Sua Maestà l’Amarone! Si narra che fosse il 1936 quando il cantiniere Adelino Lucchese, della cantina sociale Valpolicella, creava inconsciamente l’Amarone, assaggiando un Recioto amaro dimenticato in botte da anni, che aveva “consumato” tutti gli zuccheri, rendendo il passito da vino dolce a vino secco. Ovviamente Amo particolarmente questo passito Amaro, a mio avviso espressione massima di “territorio” per complessità di substrati geologici e particolarità climatiche, doni speciali per le produzioni di nettari a bacca rossa. Dopo questo ricco preambolo, sentitamente vissuto, devo affermare però che L’Anteprima Amarone 2019 mi ha lasciato particolarmente perplesso!

Nella bella location di Palazzo della Gran Guardia, travagliato edificio a pochi passi dall’Arena (voluto nel 1609 dal Capitano Mocenigo al Doge di Venezia Donà per permettere al medesimo la rassegna delle truppe al coperto, e terminato duecentocinquant’anni dopo nel 1853), si apre come di rito nel mese di Febbraio l’Anteprima Amarone. Dopo un po’ di fila alle casse, con il bel ed azzeccato calice da degustazione ideato in esclusiva per il Consorzio, ci si avvicina ai piccolissimi e ravvicinati “banchettini d’assaggio”: sicuramente d’impatto scenico, ma poco fruibili, se non da singoli o al massimo coppie di degustatori. Purtroppo subito si percepisce che i vari produttori sono a presenza “randomica”, senza suddivisioni logiche e moderne per zone d’origine, come ormai siamo abituati nelle degustazioni non solo dei grandi di Francia, ma anche dei rossi protagonisti nel mondo della bella Italia; tale cortezza permetterebbe di poter percepire nel calice le reali differenze tra “micro-zone” territoriali! Passando da postazione a postazione, si percepiscono subito vini squilibrati, non perché realizzati scorrettamente (ricordo sempre il duro lavoro in vigna e cantina di tutti i vignaioli che ogni anni devono, con grandi fatiche e sacrifici, portare a termine la creazione del loro vino) ma perché ancora in totale evoluzione, infatti molti produttori ci confidano che i loro Amaroni necessitano ancora di uno/due anni di botte grande ed un anno di bottiglia; quindi saranno pronti nella primavera del 2021 o 2022?

Ma allora, più che Anteprima Amarone, sarebbe corretto chiamarla Prova di Botte Amarone 2019!
Con 35 euro di biglietto d’ingresso, il degustatore più che assaggiare l’Amarone “Nuovo”, esercita una sorta di ruolo da “cavia” per le cantine Consorziate. Non mi sembra una situazione piacevole che dia la giusta Emozione che ci si aspetta dall’evento, tanto più nella giornata dedicata al pubblico, che intervistato ha espresso per lo più disappunto sull’annata corrente 2015, apprezzando invece le annate meno recenti presenti in degustazione. Le cantine pronte, anzi direi “Quasi” pronte, si contano sulle dita di una mano, e sono sicuramente troppo poche per decidere di organizzare un’Anteprima, vetrina annuale di tutte le consociate. Credo che un vino importante come l’Amarone, non possa essere “travolto” da una smania commerciale, che in questo caso, ne svilisce le qualità e l’immagine conquistata meritatamente ed a fatica negli anni. Devo fare un plauso al servizio efficiente e professionale, alla sicurezza, forse severa agli ingressi, meno invece al “buffet” a pane prosciutto, salame e panettone. Per il Signore dei Rossi consigliere di selezionare dei giovani Chef locali che propongano delle ricette a base Amarone, magari anche di cucina innovativa, con delle mini master class aperte al pubblico.
Un ultimo pensiero mi sovviene: non sarebbe stato meglio posticipare l’evento nel massimo rispetto di un prodotto d’eccellenza, non solo veneta, ma anche rappresentativo dell’Italia nel mondo?
28/02/2019
L’Indovino