l Chianti Classico e il Brunello di Montalcino in Sangiovese 2.0
Nel cuore del Chianti, a Monteriggioni, nella storica villa Mocenni, il 15 gennaio, incorniciata da vitigni autoctoni, tre piccole aziende del Consorzio del Gallo Nero e tre di Montalcino mettono a confronto i propri prodotti delle annate 2012/2013/2014, dando vita ad una insolita degustazione. La particolarità? Ammessi solamente vini Sangiovese in purezza dalle terre del Chianti e di Montalcino, ricordando l’accostamento tra il Gallo Bianco di Siena (ora a Montalcino) e quello nero di Firenze.
Ospiti della bella tenuta di Bindi Sergardi, nel palazzo del 1349, tra antiche mura in pietra e rinascimentali pavimentazioni in cotto, attraversando suggestivi lignei portoni consunti dai secoli, ma sapientemente e sensibilmente conservati, si racchiude la mescita, riservata a giornalisti – tra i quali Milko Chilleri di Rossorubino -, bloggers e operatori del settore. Sei sono i protagonisti del convegno, un’idea promossa dai produttori e guidata dal presidente di Enoclub Siena Davide Bonucci: Le Capannelle, Casa del Vento e Bindi Sergardi per rappresentare il Chianti Classico, mentre Terre Nere, Castello Tricerchi e Argiano per il Brunello di Montalcino. Lo spirito è tutt’altro che competitivo, creando così un evento vocato alla conoscenza e al costruttivo confronto reciproco.
Sei calici per l’annata 2014, due Chianti Riserva 2014 ed un Gran Selezione, ma 2015, dove si evidenzia la sfortunata annata troppo ricca di pioggia, in cui, a mio avviso, spicca il Chianti Classico Riserva 2014 di Capannelle: si percepiscono sentori di erbe aromatiche, un’apertura importante e quasi esplosiva, per concludere con note di cacao amaro. Un ottimo prodotto per la storica azienda vinicola attigua a Gaiole in Chianti (azienda prossimamente recensita sul blog L’Indovino.it), introdotta con “modesta sapienza” dal manager Manuele Verdelli. Il Brunello di Montalcino sembra invece risentire maggiormente di quest’annata, presentando un’atipica struttura e una eccessiva scorrevolezza.
Seguono altri sei calici per il 2013: subito si apprezza un’annata tardiva nella stagione, ma clemente e abbondante nella vendemmia, talvolta definita come “annata a cinque stelle”. Emerge la Gran Selezione 2013 di Bindi Sergardi, che, oltre alla straordinaria freschezza, si avvale di una struttura importante ma equilibrata, per finire in una piacevole e sinuosa coda con tocchi di salvia e minute visciole. Piacevole anche il Chianti Riserva 2013 di Capannelle, un prodotto dalle grandi potenzialità ancora inespresse, e il Brunello di Montalcino 2013 di Terre Nere, dal corpo intenso con una chiusura vivace, speziata di zenzero.
Infine il Millesimo 2012, dove siccità e disarmonia climatica hanno caratterizzato quest’annata, limitante anche nelle produzioni, che non ha certo donato particolare equilibrio ai vini. Nella mia opinione la stagione altalenante mette in risalto i Brunelli, più interessanti per corpo e struttura, specialmente il Brunello di Montalcino 2012 della tenuta Castello Tricerchi: ampia tessitura, sapido, dalla piacevole mineralità vulcanica e dalle note balsamiche lievemente speziate nel finale. In questo caso si potrebbe azzardare che la differenza sia nel diverso territorio ma soprattutto nel clone di Sangiovese, nel Brunello abitualmente definito “Sangiovese Grosso”, nome legato alle importanti dimensioni dell’acino.
Vorrei dedicare un pensiero ad un vino, a mio avviso outsider in quanto di annata non contemplata nelle tre previste: parlo della Mocenni 89 Chianti Classico Gran Selezione 2015 di Bindi Sergardi (proposta inaspettata dell’azienda non essendo il Chianti Riserva 2014 disponibile per esaurimento, causa la scarsa produzione attestata a circa il 50% del normale). Già il colore granato con riflessi rubino cattura immediatamente lo sguardo, avvicinando poi il volto si percepiscono note speziate di cannella, cardamomo, cuoio delicato nuovo e amolo rosso, in bocca si evolve un’intrigante carosello di sapori, con un corpo sinuoso dove spicca un’acidità che descrive una giovinezza ancora da vivere, ma denota una sapidità che si armonizza in una speziatura dai sapori orientali, con una coda dinamica e sfuggente rappresentata dai tannini leggermente acerbi ma non fastidiosi, armonizzati da toni di liquirizia e cacao amaro, per concludere in una lunghissima “vibrissa felina” di zenzero e pepe di Sichuan.
Un vino che Emoziona, che definisco con sicurezza “un Purosangue da Palio dell’Assunta!”
Particolarmente costruttivo anche il proseguimento della giornata, con una “tavola rotonda” di discussione nella quale sono emerse diverse opinioni utili ai produttori riguardanti le varie annate, ove si è collegialmente concordato il 2014 come un annata “difficile”. La mia riflessione pubblica si basava sulla reale necessità di produrre un Chianti Riserva 2014, invece di sacrificare tale tipologia e concentrarsi su un miglior Chianti Classico, includendo le uve normalmente utilizzate per le riserve. Già alcune aziende a conduzione familiare del Chianti, in particolare di Radda in Chianti, hanno intrapreso questa strada di certo non facile, sacrificando un “modesto guadagno iniziale” (solitamente infatti le annate più infelici rimangono in parte in cantina o vengono svendute) per un futuro dai frutti più luminosi e dove la qualità diviene riferimento indiscusso.
Un evento ben articolato e organizzato, nonostante il limitato tempo concesso ai titolari dell’azienda Bindi Sergardi, sfavoriti da un improvviso cambio di location dell’ultimo minuto. Coronato da un’accoglienza solare che mette subito a proprio agio ed un pranzo semplice ma dal tipico sapore della convivialità della comunità del Chianti. Una degustazione riuscita non solo da replicare in futuro, magari con la presenza del Chianti Classico, ma anche da prendere come modello per altre realtà consortili della nostra “Enotria”. Nel finire mi sovviene un pensiero… per secoli il Chianti è stato un vino di riferimento per la nostra penisola, costituito da un blend di più uvaggi, dove oltre al Sangiovese, sono principalmente presenti il Canaiolo Nero e il Colorino. Non è che la scelta di adeguarsi alle nuove tendenze, di proporre un Sangiovese in purezza, comporti in futuro la perdita della vera identità guadagnata nei secoli dal Chianti… anzi dal Chianti Classico?
23/01/2019
L’Indovino