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Location 7.0
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Ambiente 6.8
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Cortesia del personale 7.5
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Competenza del personale 8.0
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Organizzazione 6.8
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Immagine aziendale 6.4
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Qualita/Prezzo Vini 7.7
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Le Classificazioni Degli Utenti (0 Voti)
0
Aspetti Positivi:
il recupero di antiche varietà autoctone, la filosofia aziendale, la qualità ed eleganza dei vini, il prezzo dei vini.
Aspetti Negativi:
Le etichette colorate dei vini che non rispecchiano il contenuto, la struttura molto spartana della cantina.
Nome:
Cantina Rarefratte
Vini Bianchi
8 CAI (100 % Glera Lunga in parte macerata affinata in cemento non vetrificato) - Vespaiolo (100 % Vespaiola affinata in cemento non vetrificato) - Sciampagna ( 70-80% Marzemina Bianca o Sciampagna e 20-30 % Chardonnay affinate in cemento non vetrificato) - Pedeveska (100% Pedevenda macerata 6 giorni sulle buccie e poi affinata in cemento non vetrificato); Vespaiolo selezione (100% Vespaiola dei due crù aziendali selezionata a grappolo, fermentazione in cemento non vetrificato ed affinamento per 6 mesi in barrique di Acacia)
Vini Rossi
Rarefratte Rosso (60% Groppello di Breganze e 40 % uve rosse come Merlot-Negrara-Cavrara - fermenta in cemento non vetrificato ed affina in barrique di rovere esauste e tonnoux di ciliegio usate)-Torree Rossa (100% Groppello di Breganze - fermenta in cemento non vetrificato ed affina in tonnoux di ciliegio usate per almeno tre anni)
Vini Rosati
NO
Spumanti Metodo Classico
NO
Spumanti Metodo Charmat
Còle - rifermentato in bottiglia (100% Gruaja vinificata in bianco e poi rifermentata in bottiglia con i propri lieviti)
Ettari Vitati
8,5 di cui 3,5 vinificati internamente
Vitigni:
vitigni a bacca rossa : Groppelllo di Breganze (Pignola Valtellinese), Cavrara, Gruajo, Negrara, MerlotVitigni a bacca bianca: Vespaiola, Pedevenda, Sciampagna (Marzemina bianca)
n° Bottiglie per Anno
14.000
Ristorazione_:
No
Pernottamento:
NO
Organizzazione:
6.8
UNA REALTA’ DA TENERE D’OCCHIO
Il Veneto è una regione italiana tra le maggiori produttrici di vino con numerose denominazioni Docg e Doc, che si distinguono per territori unici, in grado di raccontare la propria storia attraverso vitigni antichi e quasi dimenticati. Curiosi e costantemente alla ricerca di cultura enologica anche storica, noi dell’Indovino ci ricordiamo che qualche anno fa, durante la manifestazione “Vieni in Villa” svoltasi a Isola Vicentina, avevamo assaggiato alcuni vini prodotti con uve autoctone e quasi estinte della zona di Breganze (VI); una delle prime Doc venete istituite alla fine degli anni sessanta, conosciuta per il
Torcolato, un vino a bacca bianca passito a base di Vespaiola.
La nostra macchina si dirige a Breganze (VI) in via Brogliati Contro, 58 presso l’azienda Rarefratte di Cristian Moresco.
Arriviamo nel tardo pomeriggio, mentre Cristian sta finendo la bacchiatura di alcuni dei 130 ulivi (cultivar Casaliva, Leccino, Moraiolo, Frantoio, Pendolino, Grignano, Leccio Corno) che circondano l’azienda, e quindi siamo accolti dal papà Gianfranco, che da buon Veneto, ci offre subito un “goto de vin” del suo preferito, il bianco Pedeveska.
Nato e cresciuto in mezzo alle vigne, diplomato alla scuola agraria di Bassano del Grappa (VI), laureato in sociologia a Padova, durante la crisi economica iniziata nel 2008 che colpisce in maniera profondamente negativa l’occupazione in Italia almeno fino al 2012, dopo avere consegnato il suo curriculum a diverse strutture ed aziende, Cristian si trova davanti a una scelta difficile: affrontare il percorso degli studi sociali o andare a lavorare all’estero. Ma alla fine si crea una strada alternativa, seppur molto rischiosa, decide di inseguire e buttarsi nel sogno che aveva da bambino, aprire un’azienda agricola con indirizzo prevalentemente enologico. Cristian si può definire un figlio d’arte con” il vino nel sangue”; il papà Gianfranco e il nonno vendevano le uve alla Cantina Sociale “Beato Bartolomeo”, mentre la mamma Graziella, figlia di Guerrino Vitacchio, il “maestro” vignaiolo che ha fatto conoscere in tutto il mondo il Torcolato, lo aiutano nella decisione di acquistare la piccola azienda che oggi conta 8,5 ettari vitati, di cui 3,5 vinificati interamente, mentre la rimanente uva composta da vitigni internazionali viene venduta a terzi, tranne una piccola parte di Merlot e Chardonnay che rimangono in azienda per alcuni blend.
Ed ecco il sogno di Cristian, produrre si vino, ma solo ed esclusivamente biologico, riscoprendo le antiche tecniche di una volta sia in cantina che in vigneto, attualizzandole con le nuove tecnologie; in particolare il giovane “ apprendista” recuperare i vecchi vitigni locali, ormai sconosciuti alle nuove generazioni. Ottocai (Glera lunga), Sciampagna (Marzemina bianca), Pedevenda, Vespaiola uve a bacca bianca, Negrara, Cavrara, Groppello di Breganze uve a bacca rossa. Sono tutti vitigni antichi coltivati dal giovane trentottenne e dalla sua famiglia con passione dal 2011, attraverso una selezione massale proveniente da vigne abbandonate o da collaborazioni con i produttori locali che credono e vogliono portare avanti il patrimonio ampelografico del luogo, come Firmino Miotti, storica azienda di Breganze, che contro tutti ha voluto preservare alcune antiche varietà che tutti ormai espiantavano per far spazio ai rossi e bianchi d’oltralpe. Breganze un territorio in cui dimorano 13 varietà uniche e ormai molto rare, ma di cui solo 5/7 sono considerate di particolare interesse enologico.
I vigneti si trovano in collina su un terreno di matrice argillo-vulcanica, suddivisa principalmente in due zone dividenti il territorio di Breganze: la parte più alta, composta da rocce effusive, e quella bassa tendenzialmente composta da pietre basaltiche dovute alle eruzioni marine. Alcuni ripidi pendii, assomigliano alla viticoltura eroica della Valtellina o delle Cinque Terre, con la differenza che a Breganze non esistono i muretti a secco creati per il recupero di spazi piani, seppur piccoli, in cui lavorare ed atti a trattenere il terreno dal dilavamento provocato dalle precipitazioni meteoriche; infatti nel territorio pedemontano vicentino, questi fenomeni provocano spesso importanti e dannose erosioni nel substrato.
Caratteristiche che danno origine al nome “Rarefratte”: uve antiche (Rare) coltivate su pendi di falde laviche (in gergo locale “Fratte”), Cristian prevede un sistema dì allevamento delle vigne a cordone speronato, per le vigne più vecchie ed a Guyot o Doppio capovolto per le altre.
Nel 2012 dopo avere aperto la partita iva, si butta a capofitto nel suo progetto attraverso la biodiversità e il totale rispetto per l’ambiente; mentre mette a dimora 2 ettari appena acquistati, esegue delle micro-vinificazioni sperimentali con le vigne vecchie acquistate precedentemente. Con il passare del tempo, dopo 5 anni dall’impianto, tempo corretto per Cristian in cui le viti nuove iniziano a essere veramente produttive (non tre anni come si usa normalmente oggi), da vita ai propri “figli” assemblando uve provenienti dai vitigni giovani di 5 anni e vitigni antichi di 100 anni.
Dopo una breve presentazione dell’Azienda, scendiamo con Cristian nel piano interrato, nella cantina, inaugurata nel non lontano 2018.
La prima zona è dedicata alla fermentazione in cui i grappoli, dopo la pigia-diraspatura eseguita al Piano Terra, cadono per gravità tramite una botola collegata al piano interrato, entrando nei fermentini di cemento appositamente non vetrificati, in modo che le pareti ruvide trattengono naturalmente i tartrati, consentendo di avere vini più puliti e limpidi.
La zona di affinamento comprende vecchie botti di cemento e alcune barrique di acacia dove sta affinando l’uva regina di Breganze, la Vespaiola e a finire un tonneau di ciliegio in cui riposa il rosso ed autoctono, il Groppello di Breganze, da non confondere con i cugini Groppello gentile e Gropello Mocasina tipici della riva lombarda del lago di Garda, in Valtènesi o il trentino Gropello Revò !.
Su suggerimento di Cristian assaggiamo dalla botte di cemento un’anteprima, la Vespaiola proveniente dalla selezione di grappoli di 5 vendemmie diverse; ci comunica che il giorno dopo sarà travasata nella botte di acacia per affinare ancora per tempo.
Il secondo assaggio è un’altra Vespaiola, questa volta Igt 2019, trasformata mediante pressatura diretta senza pied de cuve ( Antica tecnica in cui l’uva viene ammostata. Dopo un paio di giorni, i lieviti indigeni iniziano la fermentazione e normalmente nel volgere di una settimana il mosto raggiunge la piena fermentazione. Quindi si procede alla vendemmia del vigneto, l’uva viene pigiata e diraspata man mano che viene raccolta, nel minor tempo possibile, per mantenere al massimo la freschezza e l’integrità del frutto. Per gravità finisce poi nei fermentini di cemento o in altre realtà anche di legno. Senza questa antica tecnica si lascerebbe al caso la fermentazione alcolica naturale, con molti rischi, come la fermentazione di alcuni lieviti non-Saccharomyces, che potrebbero creare deviazioni olfattive. Ma Cristian cerca un varietale ancora più presente e percettibile nel calice, assumendosi anche questo rischio. Si prevede l’imbottigliamento ad Agosto 2021.
E per ultimo un Vino Base del futuro rifermentato di uva Gruaja , dal bel color Rubino con riflessi violacei, si presenta subito al naso leggermente ridotto a causa dello svolgimento della fermentazione malolattica non perfetta, mentre in bocca denota giovinezza con i propri tannini astringenti, con una marasca presente ma in equilibrio con le note speziate di pepe nero e della noce moscata. Subito” il Vigneron” ci comunica che il giorno successivo procederà immediatamente ad un travaso riequilibratore.
Per Cristian è fondamentale che i vini rispecchino la sua filosofia molto rigorosa, partendo dalla raccolta delle uve (in vendemmia riconosce di mostrare un carattere molto difficile ed autoritario al fine dell’ottenimento di un prodotto sempre di maggior qualità), ricerca la pulizia dei mosti, senza la presenza di velature che potrebbero creare difetti o malattie con conseguenze negative sui vini; in quest’ultimo caso come ci precisa amareggiato, non vengono messi in commercio ed in alcuni casi gettati, “perché il vino se non è come dico non si vende!” .
Risultati ottenuti grazie anche al confronto con alcuni vigneron (Eugenio Rosi, Maso Furli, Vilar, Pedrotti, Fanti) dell’Associazione “I Dolomitici” conosciuti grazie alla collaborazione con “I Canevisti di Breganze ”, un gruppo di circa 12 piccoli vignaioli dissidenti che hanno scelto di valorizzare la storia Breganzese attraverso l’utilizzo dei vitigni antichi del luogo, associando il tradizionale legame con il territori fatto di Natura e Cultura alla Passione per chi fa vino Emozionale, che dovrebbe essere parte integrante del credo di ogni Azienda.
Ci accomodiamo nella semplice sala di degustazione, e cominciamo ad assaggiare :
PEDEVESKA 2019 macerato
100% Pedevenda – 6 giorni di macerazione – cemento non vetrificato per consentire una micro ossigenazione al vino “naturale” – 12,5% vol.
Il Pedevenda è un vitigno di origine sconosciuta coltivato nei territori situati in provincia di Vicenza. La sua origine dovrebbe essere nei Colli Euganei dove un vitigno simile è stato reperito con il nome di “Verdise”. Le prime notizie sulla sua coltivazione risalgono al 1754, anno in cui Valerio Canati in arte Aureliano Acanti, annovera “il grato Pedevenda” tra i vini famosi del territorio di Vicenza. Anche Acerbi nel 1825, e Zara nel 1901, parlano di questo vitigno, citandolo il primo come Pexerenda e l’altro come Peverenda. La foglia si presenta media o piccola, trilobata, mentre il grappolo ha dimensioni medio-grandi, piramidale allungato, generalmente con un’ala pronunciata, mediamente compatto. L’acino è di medie dimensioni, di forma ovale con buccia spessa e consistente di colore giallo dorato- tendente al rosa. Nella zona di Breganze è trai primi vitigni a fi orire e gli ultimi a maturare.
Varietà iscritta al registro nazionale delle varietà di vite (G.U. 72 del 27/03/1995), attualmente non sono presenti cloni omologati.
Ammessa nelle IGT Delle Venezie, Veneto
La veste giallo paglierino tendente all’oro presenta una leggera velatura data dalla decantazione naturale eseguita prima dell’imbottigliamento. Il naso si pone fruttato, mela golden, pesca gialla, maggiorana, cenni di nocciolina e vaniglia accompagnano al sorso; un sorso che si pone fresco e sapido, media persistenza, il suo percorso termina con richiami di mela golden ed erbe aromatiche. Un vino giovane, dai tannini leggermente astringenti che donano struttura a un bianco che a occhi chiusi, può essere confuso per un rosso.
VESPAIOLO Igt Veneto 2019
100% Vespaiola – uva raccolta matura – 33 mg di SO2 – Cemento non vetrificato- nessuna filtrazione, nessuna chiarifica, stabilizzazione a bassa temperatura – 12,5% vol.
Cristian crede molto in questo vitigno, la sua acidità spiccata, diretta, simile allo Chenin blanc lo rende un camaleonte nel porsi spumante, fermo, passito… ha iniziato a creare un piccolo archivio delle annate prodotte. E’ coltivata in piccole particelle dislocate in varie zone che influenzano la personalità dell’uva.
La Vespaiola è un vitigno coltivato da tempi remoti nel territorio della provincia di Vicenza, compreso tra i fiumi Astico e Brenta. Poco si sa circa le sue origini e la sua storia, nonostante sia stata oggetto di studio da parte di numerosi ampelografi dell’Ottocento. L’analogia del nome è probabilmente dovuta al fatto che le uve prossime alla raccolta posseggono un elevato contenuto zuccherino che attira le vespe. La foglia si presenta piccola, orbicolare, trilobata, mentre il grappolo è di piccole dimensioni, cilindrico-conico, alato, non molto compatto, con acini medi, di forma sferica con buccia spessa e consistente, molto pruinosa, di colore giallo-dorato.
Ci colpisce la luminosità che ravviva il colore giallo paglierino di media trasparenza; il bouquet si apre sul frutto di mela renetta, il rosmarino e l’eucalipto rinfrescano la nota di pietra vulcanica, protagonista assoluta. L’ingresso al palato è verticale, ampio, si pone fruttato e aromatico di maggiorana, pistilli di zafferano scorrono nell’acidità mentre la struttura importante conferma il nostro primo pensiero, un vino dal potenziale di un lungo invecchiamento.
SCIAMPAGNA Vino bianco
80% Marzemina bianca (localmente chiamata Sciampagna) – 20% Chardonnay – Fermentazione in cemento con lieviti spontanei – 12,50 vol.
Inizialmente, il vino era prodotto nella versione frizzante; dopo un’analisi organolettica e alcune considerazioni, Cristian comprende che i profumi intensi e varietali tendono a perdersi durante la rifermentazione, decide di vinificarlo fermo, con l’aiuto dello Chardonnay per dare maggiore struttura.
La Marzemina Bianca o localmente Sciampagna (altri sinonimi sono Sampagna, Schampagna, Sauvignon) è un vitigno di antichissima coltivazione, anche se non si sa molto delle sue origini: secondo alcuni proviene dalla Borgogna, e si è poi diffuso in Germania, Austria, Svizzera ed Italia. Alcuni lo indicano come sinonimo dello “Chasselas dorato“. Questo vitigno nel 1600 era molto coltivato in Veneto, specialmente a Treviso, sui Colli Euganei e nelle altre località vinicole del Veneto, soprattutto nella zona del Lison-Pramaggiore. E’ stata anche chiamata Sciampagna perchè dà origine ad un vino aromatico e frizzante. Nella zona di Breganze questo vino viene passato sulle vinacce del Torcolato (Breganze DOC) cosa che gli conferisce maggior corpo e aromaticità. La foglia si presenta media, orbicolare, trilobata, mentre il grappolo ha medie dimensioni, di forma piramidale allungata e alato, di media compattezza, con acino grande e sferico con buccia pruinosa, spessa di colore giallo dorato.
Varietà iscritta al registro nazionale delle varietà di vite (G.U. 295 del 19/12/1994), attualmente non sono presenti cloni omologati. Ammessa nella DOC Bagnoli di Sopra o Bagnoli, e in varie IGT (Alto Livenza, Colli Trevigiani, Conselvano, Delle Venezie, Marca Trevigiana, Veneto, Veneto Orientale)
Abbastanza limpida la veste paglierina tenue, libera profumi che stuzzicano la nostra curiosità, pesca bianca, salvia, timo, tè bianco. Il sorso è come ce lo immaginavamo, delicato l’ingresso, inizialmente fruttato, poi sulfureo, il percorso mantiene una struttura discreta che sembra terminare presto, ma prosegue in un finale lungo ed elegante con ricordi piccanti di pepe bianco.
RAREFRATTE ROSSO (taglio tradizionale breganzese)
Blend di uve di due annate (2017 e 2019): 60% Groppello di Breganze 2017 – 40% uve rosse del territorio (Merlot, Negrara ,Cavrara) 2019 – fermenta in cemento non vetrificato ed affina in barrique di rovere esauste e tonnoux di ciliegio usate–13% vol.
L’arte del saper aspettare è il motto di Cristian, i suoi vini, il suo Rosso dimostrano il filo conduttore che li accumuna, la pulizia della materia prima che deve essere perfetta, per mantenere la filosofia naturale, sia nella conduzione in vigna, sia nella fase di vinificazione, evitando acidità volatile e brettanomyces.
Il vitigno Groppello è uno tra gli antichi vitigni a bacca nera di Breganze. Aureliano Acanti lo cita nel 1754 nella sua opera “Il Roccolo Ditirambo” e ne fa una lunga descrizione della sua qualità e della sua diffusione sulle colline di Breganze già nel settecento. La caratteristica del Groppello è di avere un grappolo molto compatto, simile ad un groviglio, detto in dialetto locale “Gropo” da cui probabilmente deriva il nome Groppello. Da non confondere con i cugini Groppello gentile, Groppello Santo Stefano e Gropello Mocasina sulla riva lombarda del lago di Garda, in Valtènesi o il trentino Gropello Revò! Infatti quest’uva differisce dalle altre uve Groppello e invece corrisponde alla Pignola Valtellinese (Cancellier, 2009). , originaria dal Piemonte (nei primi del Novecento gli ampelografi avevano recensito un Pignolo Spano nel vercellese trasformatosi poi in Pignolo Spanna nel novarese); nel 1963 veniva definita da Milani tra le uve più pregiate del comprensorio di Breganze. La foglia adulta è di media grandezza, rotondeggiante pentalobata con seno peziolare poco aperto. I grappoli sono medio piccoli e molto compatti. Gli acini hanno maturazione un contenuto zuccherino abbastanza elevato buono anche il livello acidico.
Il nome di Negrara, di Negrera, di Negretta, di Negruzzo, di Farinella… si comprendono varietà d’uve aventi buccia ricoperta di pruina ceregnola più o meno densa. Esistono fondamentalmente due vitigni con questo nome: la Negrara trentina e la Negrara veronese. Il vicentino Acanti nel 1754 decanta il sanguifico Negraio de poggi di Montruio e di Mossano ed aggiunge definendo il vino Negraio ottimo e sanissimo per lo stomaco. Da un vino di molto colore, di molta forza, di buon sapore e che resiste al caldo.
L’Acerbi (1825) descrive una Negrara coltivata nel distretto di Schio “ad acini rotondi a grappolo spargolo del genere quinto a foglie penta lobate. Le descrizioni storiche della Negrara sono comunque discordi per le caratteristiche di foglia, grappolo ed acino e nel 900 i diversi studiosi cercarono di classificarle in almeno una decina di Varietà. Negrara della Gambujana, Negrara Comune (del Vicentino, Trentino, Veronese) Negrara femmina, Negrara friulana, Negrara dal picciolo duro, Negrara dal Picciolo Rosso, Negrara di Monte, Negrara Farinella, Negrara di gattinara, Negrara Modenese. La foglia ha medie dimensioni, pentagonale nella “negrara trentina”, quasi intera nella “negrara veronese”, trilobata nella “negronza” o pentalobata, il grappolo è grande, piramidale allungato con una o due ali, compatto, con acino medio-grande, sferoidale o leggermente schiacciato avente buccia spessa e resistente, ricoperta di abbondante pruina, di colore blu-nero.
Varietà iscritta al registro nazionale delle varietà di vite (G.U. 149 del 17/06/1970), attualmente non sono presenti cloni omologati. Ammessa in varie IGT del Veneto (Delle Venezie, Vallagarina, Veneto, Verona o Provincia di Verona o Veronese, Vigneti delle Dolomiti).
La Cavrara, o meglio le “Cavrare” (se ne contano almeno tre varietà, la Cavrara di Monte, la Cavrara del picciuolo verde e la Cavrara della Madonna) è un vitigno autoctono presente in Veneto già all’inizio dell’800 nella zona dell’alto vicentino, compresa tra Bassano e Marostica. All’inizio del secolo seguente le troviamo diffuse anche in provincia di Padova e Treviso. Dal secondo dopoguerra in poi la coltivazione di questi vitigni si è ridimensionata, soprattutto a causa della sua produttività incostante e si trova prevalentemente a Breganze e nei colli Berici. “Specie d’uva che nel 1709 non morì pel freddo con le altre, per cui dicesi che da quell’anno venne la costumanza, oggidì perdutasi, di obbligare il fittajuolo ad allevare un terzo della campagna ad uva cavrara”. – tratto da Saggio del dialetto vicentino 1855. Secondo Marzotto (1925) la Cavrara “è una delle varietà più antiche e nel tempo stesso più pregevoli viti del Vicentino, per vigoria di vegetazione e per la ottima qualità del suo vino, robusto, colorato e sapido indicato per dar corpo ad altri vini deboli”; inoltre indica i seguenti sinonimi con cui questa varietà era chiamata: “Sgarbiona (Arzignano) – Cavrera o Cavarada (Treviso) – Bassanese dal picciol rosso (Treviso) – Cavarara (Padova).” Oggi è purtroppo in fase di estinzione, nonostante si ottengano vini con interessanti caratteristiche qualitative. Ha foglia media, pentagonale, pentalobata con grappolo medio-lungo, mediamente compatto, ed acino medio-grosso, elissoidale con buccia molto pruinosa, spessa, mediamente consistente, di colore blu-nero.
Varietà iscritta al registro nazionale delle varietà di vite (G.U. 253 del 30/10/2007), attualmente non sono presenti cloni omologati. Ammessa nella DOC Bagnoli di Sopra o Bagnoli, e nelle IGT Conselvano, Delle Venezie, Veneto.
Convinti che i vini di Rarefratte abbiano un stile unico, di grande eleganza, dove si percepisce l’emozione che il “vigneron” vuole trasmettere a chi assaggia, donando uno straordinario equilibrio e pulizia in bocca. Allora nasce spontanea la domanda sulla fattura molto “spartana” delle sue ultime etichette “mono-cromatiche”, dai toni particolarmente accesi e dai font particolarmente semplici che a nostro avviso non corrispondono alla piacevole realtà di quello che poi trovi nel calice.
Anche in questo, le idee di Cristian sono ben chiare, le etichette colorate rappresentano la sua storia nel contesto Breganzese ovvero di avere scelto una strada alternativa, contraria, se vogliamo anche underground, rispetto agli altri produttori locali che hanno anteposto i vitigni internazionali, più facili sia in vigna che nel mercato delle vendite, utilizzando prodotti di sintesi e chimici. Nove mesi di elaborazione, di ricerche in cui Cristian ha sentito la sua storia nei colori, e nei disegni, nelle fasi di crescita personale e aziendale. Le sue bottiglie sono vendute prevalentemente nel nord Italia, soprattutto nelle osterie, trattorie, enoteche, realtà attente alla ricerca del buon vino ma semplici nel porsi al proprio cliente, quello che si affeziona al bere bene.
Concludiamo la nostra visita dopo avere assaggiato l’olio “nuovo”, appena imbottigliato accompagnato dai due formaggi caprini che Arianna, la sua compagna, produce nel caseificio biologico “La Capreria” un’ottima realtà casearia nella bassa Vicentina.
Saliamo in macchina convinti sempre di più che il mondo del vino è fatto anche di queste piccole realtà, ai più sconosciuti, che possono insegnarci il valore di una terra rappresentata dalle loro varietà antiche e rare, che senza queste persone non avremmo mai più la possibilità di Avere, Apprezzare e Degustare!
Una realtà da tenere d’occhio!
03-12-2020
Maura Gigatti e L’INDOVINO